Esistono molteplici forme depressive (reattiva, endogena, ansiosa, psicotica, secondaria, disturbo depressivo maggiore, distimia, disturbo dell’adattamento con umore depresso, depressione bipolare ecc.), ognuna con criteri diagnostici specifici, ma tutte hanno caratteristiche comuni.

 

Caratteristiche della depressione

Ciò che caratterizza il disturbo depressivo è un sentimento generale di stanchezza di vivere, la sensazione di un’esistenza abbandonata nel mondo, un “mal d’essere” che investe la persona e ogni aspetto della sua esistenza, lavorativa, sentimentale e relazionale. Quello che prima destava interesse e piacere appare privo di senso, i pensieri negativi diventano pervasivi e persistenti. Chi è depresso si sente in colpa per ciò che pensa, per ciò che dice, per quello che fa; nel profondo si sente in colpa di esistere e questo è devastante, perché porta alla convinzione di non valere nulla e nullifica la propria psiche e vitalità.

 

Quadro depressivo

Il quadro depressivo è caratterizzato da tristezza, apatia, crisi di pianto, perdita di interesse e piacere per quasi tutte le abituali attività della vita, disturbi del sonno e dell’appetito, ridotta capacità di concentrazione, indecisione, scarsa stima di sé, sensi di colpa o di disperazione, concentrazione dei pensieri sul passato e mancanza di prospettiva. Oppure sbalzi di umore dove i periodi neri si alternano ad euforia, ottimismo irrefrenabile, energia, sensazione di invulnerabilità, diminuzione delle ore di sonno, pensieri rapidi e loquacità, tendenza a lanciarsi in attività, progetti ed iniziative rischiose.

In tutti questi casi esiste una forte influenza di fattori biologici e genetici, ma non solo. Qualunque sia la componente biochimica in gioco, le storie di chi soffre di depressione raccontano spesso di episodi traumatici o di abbandono avvenuti durante l’infanzia. Queste esperienze sembrano aver reso le persone più vulnerabili a fattori stressanti (non semplicemente eventi esistenziali negativi, ma definiti dall’interpretazione che ciascuno ne dà e dai loro effetti all’interno dei contesti di vita in cui si verificano) che sono comparsi in un secondo tempo e sono andati a riattivare i sentimenti di abbandono e smarrimento provati nel passato e che si era cercato di nascondere o negare (di solito attraverso dei meccanismi compensatori: ad esempio per migliorare la propria autostima si era deciso di essere i migliori negli studi o iperattivi nel lavoro). È questo doppio tempo del trauma che può portare alla depressione.

Chi è depresso non è riuscito a lasciare andare ciò che ha perduto, non accetta la perdita e rimane perciò attaccato al passato. A quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Non solo il mondo si è impoverito di qualcosa, ma qualcosa di lui stesso e del proprio mondo interiore è andato perduto per sempre. Chi soffre di depressione convive quotidianamente con la sensazione di essere profondamente sbagliato, rotto, indegno d’amore e profondamente in colpa, conseguenza di una rabbia furibonda verso di sé. Così si ripiega nel lamento, nell’immobilità e nella rinuncia a qualsiasi realizzazione personale. Attende di essere risarcito, attende un riscatto per i torti subiti, vuole essere amato.

 

Il ruolo dello psicologo 

La terapia aiuta a rinarrare la propria storia personale, a dare un senso ed un valore al proprio percorso di vita in una relazione nella quale poter esprimere quanto soppresso nella propria esistenza, a rintracciare e a dare un nome alla ferita profonda che di nascosto continua a sanguinare. Solo così si può attraversare il dolore e infine curarlo, accettarlo. Condividere il proprio mondo interno, parlare dei propri pensieri negativi, del senso di colpa, delle accuse, è il primo passo per avvicinare quel vuoto lasciato dalla perdita di parti di sé. Sentire ed esprimere la rabbia ed il dolore  permette di integrarli nel proprio senso di sé, restituendo un senso di essere nel mondo, di esserci, che fa sentire, o risentire, vivi. La relazione terapeutica restituisce il diritto ad essere per come si è senza incorrere in alcuna minaccia.

E questo è tanto più importante in una società della prestazione come la nostra, caratterizzata da un eccesso di positività che sembra non lasciare nessuno spazio per la tristezza. In un mondo che ci dice che dobbiamo affrontare in modo positivo tutto quanto di non bello e piacevole ci si presenta lungo il cammino, che dobbiamo fare della sofferenza qualcosa di positivo, chi soffre di depressione arriva a vivere la propria condizione come un tabù, una personale colpa di cui sbarazzarsi, e chi gli sta accanto cerca di difendersi da quel buco nero che assorbe tutte le energie e la positività cercando di evidenziare i successi ed i lati buoni del loro caro, di fatto non facendo altro che negare al dolore il suo diritto ad esistere e alimentare il senso di colpa. Pertanto la persona che soffre di depressione tende maggiormente a chiudersi e il non poterne parlare diventa a sua volta causa di malessere, perché conferma la propria idea di essere qualcosa di sbagliato e non degno di amore.

Invece bisogna stare al buio per poter ritrovare la luce.